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Esiste dentro ognuno di noi un luogo, perso nel buio tra la pelle e le ossa, in cui tutto ciò che è stato continua a vibrare: ricordi d’infanzia, fantasmi di cose, richiami ancestrali e parole. È un luogo intimo e sacro, tenero e straziato. Un luogo in cui è facile perdersi, ma è necessario andare.
IL PROGETTO
Ci apprestiamo, con umiltà, a sondare la strada che porta al nostro giardino più segreto: quel formidabile impasto di ricordi, pensieri, desideri, oggetti e persone in cui crediamo consista il nostro io più autentico. I punti chiave del nostro percorso, i cardini attorno ai quali cercheremo di riflettere sono l’acqua, la memoria, l’infanzia, la purezza e il gioco, nel tentativo di avvicinarsi ad uno stato in cui quelle vibrazioni si esprimono liberamente, senza giudizio, senza freni inibitori, senza vergogna, al di là delle categorie del giusto e sbagliato, del bello e del brutto.
Con dolcezza e ironia ci prepariamo ad un esperimento di meditazione pop. In uno spazio senza tempo, come caramellato, vagamente assimilabile a un sogno, nel quale l’unica legge in vigore è quella della necessità, convivranno danze sgraziate e visioni di unicorni volanti, conigli di pezza ed intoppi esistenziali. Alla ricerca di tutto quello che sta in bilico (tra natura e cultura, corpo e anima, realtà e fantasia) e che ci rende, senza approssimazioni, esattamente quello che siamo.
NOTE DI LAVORO
Il motore della nostra ricerca è il desiderio di rendere visibile e concreto l’impalpabile: i pensieri, le pulsioni, i sentimenti. Per farlo abbiamo cercato chiavi d’accesso: canzoni rivelatrici, oggetti a cui fossimo affettivamente legati, parole-chiave individuate attraverso esercizi di scrittura immediata; strade diverse, ma accomunate dal tentativo di lasciar fuori il pensiero, il grande predatore, la nebulosa amara che tutto filtra.
Abbiamo cercato di affidarci all’istinto: il risultato è uno spazio mentale, abitato dalle nostre inquietudini e dalle nostre pulsioni più profonde, e da tre oggetti: il casco delle paranoie, gli scarponcini dell’ipersensibilità e la macchinetta del solipsismo. Per il prosieguo del viaggio, pensiamo ad una guida: una voce off che dia ordine a questo caos, dialogando con la musica e l’azione, e ci aiuti a capire se questo giardino che ci cresce dentro potrà fiorire, un giorno, fuori di noi.
La performance è stata presentata al Festival LeCittàSottili: